lunedì 8 agosto 2022

I cavalieri della Tavola Rotonda di Mino Milani e Carlo Alberto Michelini

Mino Milani è stato un giornalista, scrittore, fumettista e storico italiano, vincitore di numerosi premi letterari e scrittore di numerosi libri. Di lui ad esempio vi avevo già parlato di "Ulisse racconta" illustrato da Amalia Mora, ma lo scrittore ha scritto anche molte altre opere come: "Un'avventura sul fiume", “La storia di Ulisse e Argo”, "L'ultimo lupo", "Sognando Garibaldi", “La storia di Dedalo e Icaro”, “Miti e leggende di Roma antica”, “Latin lover - Detti latini per tutte le occasioni”...
L'opera di cui vi parlerò oggi riprende un altro tema mitico/leggendario: "I cavalieri della Tavola Rotonda" illustrato da Carlo Alberto Michelini. L'opera, nell'edizione che io ho letto (del 1982), faceva parte della collana "Corticelli" cioè: "L'unica collana italiana che ha il privilegio di far conoscere ai giovani, in edizione integrale e in una versione elegante e sobria, testi classici e moderni di alto valore letterario".

 
Sopra: Due copertine di due diverse edizioni di questo testo, a sinistra una versione più recente, mentre a destra un'edizione del 1982 che ho trovato in biblioteca.

Il volume si apre con un'introduzione di Mino Milani in cui afferma che se fosse vissuto nel medioevo gli sarebbe piaciuto fare il menestrello, cosa che in un certo senso ha fatto anche ai giorni nostri, scrivendo questo libro. L'autore mette subito in chiaro che questo non è un riassunto delle gesta di Re Arù (o Arturo, come lo chiama lui) e dei suoi cavalieri in quanto: "Non mi piacciono le riduzioni, tanto meno mi piacciono i riassunti, per buoni e diligenti che siano, sono sempre cattivi, o quasi, perché non rendono buon servizio a nessuno, nè al lettore nè all'autore. [...] In questo caso, cioè in quello della leggenda arturiana, tentare un riassunto non sarebbe stato soltanto un lavoro lungo, inutile e probabilmente impossibile [...]; ma soprattutto sarebbe stato un lavoro dissennato. Così ho pensato di riscrivere le avventure di re Arturo e dei suoi cavalieri, di riinventarle, di narrarle a modo mio, seguendo, per quanto ho creduto di potere, il metodo dei menestrelli: cioè togliendo ciò che volevo togliere, aggiungendo ciò che mi andava di aggiungere, e distribuendo a piacer mio caratteri, vittorie, sconfitte, gloria e vergogna".
Che poi, a leggere un cosa simile, il lettore potrebbe chiedersi che cosa sta andando a leggere, visto che lui si aspettava di conoscere le gesta di Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda, come era promesso nel titolo. Ebbene, lo stesso autore comunque ci rassicura dicendo che: "La meravigliosa struttura, la grande e perfetta trama della vicenda arturiana, io l'ho mantenuta intatta, l'ho rispetta; e in fondo questo libro vuole proprio essere un omaggio, una testimonianza di rispetto."
Il primo capitolo si apre con l'arrivo di Merlino nel castello del re Pendragon, che consegna al mago il proprio figlio (Artù) ancora neonato, come una sorta di debito da saldare nei confronti di Merlino per averlo aiutato a diventare sovrano della Britannia (Pendragon tuttavia non specifica come lui abbia fatto a fargli sposare la regina Igraine, all'epoca sposa del signore di Cornovaglia).
Dopo un paio d'anni la regina Igraine e Pendragon muoiono, lasciando il regno senza eredi (o almeno così si pensava), facendo così scoppiare una guerra tra i pretendenti al trono. Dopo 15 anni di guerra, quando Artù ha ormai 17 anni, Merlino chiede all'arcivescovo di Canterbury di proclamare una tregua e di convocare un'assemblea, in quanto a Canterbury avverrà un miracolo che darà di nuovo alla Britannia un sovrano. Ovviamente il miracolo a cui Merlino si riferiva era la comparsa della spada nella roccia sulla cui lama è inciso: "Chi trarrà la spada dall'incudine e dalla pietra è legittimo re nato di tutta la Britannia".
Nessuno dei pretendenti presenti riesce ad estrarre la spada, tranne Artù (allevato fino a quel momento da Ser Ector), il quale la tira fuori quasi per sbaglio in quanto gli serviva una spada per suo fratello Kay che doveva partecipare ad un torneo. La Britannia ha così il suo re, ma non è ancora tempo di pace poiché dieci sovrani si sono opposti all'incoronazione di Artù e non sono disposti a riconoscerlo come loro re, per cui Artù dovrà scontrarsi con loro.
Questo ovviamente è solo l'inizio, le vicende che Milani racconta sono ancora molte: quando Artù giunge al cospetto della strega Eloisa; l'incontro con il cavaliere rosso (Ser Pellinore); quando Artù perde la spada e deve andare a farsene dare un'altra (sempre di nome Exalibur) dalla Dama del Lago; quando il cavaliere Lancillotto chiede di entrare a far parte della corte di Artù; il re che va in soccorso di Leodegrance, signore di Cameliard, e conosce così Ginevra, che chiede in sposa; la nascita dell'amore tra Ginevra e Lancillotto; la lotta contro cinque re che hanno stretto un'alleanza per sconfiggere Artù; l'incontro con ser Meliagance; il momento in cui Ser Galvano uccide accidentalmente in un torneo ser Selivante e decide di allontanarsi da Camelot; la morte di re Caradoc; gli intrighi di Morgana; la morte di Merlino; il tradimento di Morgana; il tradimento di Lancillotto a seguito della decisione di Artù di mettere al rogo Ginevra (accusata di aver ucciso un cavaliere con una mela avvelenata); il salvataggio della regina da parte di Lancillotto che però ucciderà molti compagni cavalieri, scatenando la vendetta di Galvano (che per colpa di Lancillotto aveva perso due fratelli); lo scontro decisivo tra i cavalieri della Gioiosa Guardia (con a capo Lancillotto) e l'esercito di Artù; lo scontro con Mordred; la morte di Artù, che getta Exalibur tra le acque del lago per restituirla alla Dama.

Sopra: Una delle prime pagine del libro, che introduce il capitolo dell'estrazione da parte di Artù della spada dall'incudine, come suggerisce sia il titolo che l'immagine in alto.

I testi sono accompagnati dalle illustrazioni di Carlo Alberto Michelini, le quali possono essere di due tipi: in bianco e nero e a colori.
I disegni in bianco e nero sono tutti di piccole dimensioni (circa un terzo di pagina) e sono collocati all'inizio di ogni capitolo, prima del titolo.
Sono disegni dai tratti molto netti ed essenziali, con cui l'artista delimita le varie parti dell'immagine creando degli spazi che a volte lascia completamente bianchi (quindi senza sfumature o ombre) e che altre volte invece riempie di nero; con uno stile simile a quello di Harry Clarke.
Tali immagini rappresentano sempre elementi della storia trattati in un determinato capitolo, per cui queste piccole immagini possono rappresentare sia solo persone (tipo l'immagine di Ginevra) che veri e proprie scene, come ad esempio il momento in cui Artù sta per estrarre Exalibur dall'incudine, oppure scene di battaglie o combattimenti.

 
Sopra: I disegni in bianco e nero, dai tratti molto netti ed essenziali senza ombre o sfumature, sono tutti di piccole dimensioni e sono collocati all''inizio di ogni capitolo, prima del titolo. Tali immagini rappresentano sempre elementi della storia trattati in un determinato capitolo, tipo l'immagine a destra rappresenta Ginevra, mentre quella a sinistra mostra un combattimenti tra Artù e un drago.

Il secondo tipo di immagini sono invece quelle a colori, le quali sono tutte a pagina intera.
Anche in questo caso le immagini rappresentano scene o momenti tratti dalla storia, anche se sembra che l'autore abbia privilegiato in questo caso gli scontri e i combattimenti, soprattutto tra cavalieri, a cavallo oppure a piedi.
La rappresentazione dei personaggi, degli animali ma anche degli elementi di sfondo (tipo gli alberi) è bidimensionale, ricordando quindi gli arazzi medievali.
A colpire però il lettore è l'uso dei colori, che sono usati per creare una sorta di contrasto visivo, alcuni elementi (solitamente i personaggi) hanno tinte chiare, vivide, accese e brillanti, mentre altri (tipo gli sfondi) hanno tonalità scure, tristi e cupe sui toni del marrone, del grigio e del nero.
Inoltre, mentre le persone sono colorate in modo abbastanza preciso, senza che i colori fuoriescano dai bordi, negli sfondi le tinte sono stese con un effetto particolare, con delle pennellate casuali che mischiano più tinte assieme, a volte sovrapponendole una all'altra, creando un paesaggio dall'aspetto piuttosto astratto, mentre i personaggi ne mantengono uno realistico.
Tra i colori più utilizzati troviamo il blu, il rosso, il fucsia, il giallo e il verde.


Sopra: Le immagini rappresentano scene o momenti tratti dalla storia e in particolare gli scontri e i combattimenti. Alcuni elementi (solitamente i personaggi) hanno tinte chiare, vivide, accese e brillanti, mentre altri (tipo gli sfondi) hanno tonalità scure, tristi e cupe che creano una sorta di contrasto visivo. Da notare inoltre come le immagini appaiano bidimensionali, ricordando gli arazzi medievali.

"I cavalieri della Tavola Rotonda" di Mino Milani e illustrato da Carlo Alberto Michelini non è un riassunto del ciclo arturiano, ma un vera e proprio reinterpretazione da parte dell'autore. A tale proposito l'introduzione è molto interessante da leggere, perché fa capire al lettore come Milani ha modificato le vicende arturiane, in particolare mi è piaciuto leggere la parte sulle riduzioni e i riassunti, nella quale afferma: "L'unico modo per leggere un libro è, semplicemente, quello di leggerlo così come è stato scritto: se proprio uno vuole, può ridurselo da sè, saltando quelle pagine che gli sembrano noiose". Allora, solo per approfondire questo discorso bisognerebbe aprire una parentesi immensa, in quanto la diatriba tra testi integrali vs riduzioni è esistita da sempre e ognuno di solito ha la sua scuola di pensiero: c'è chi le considera una salvezza e le adora, chi le tollera e chi le rifiuta totalmente. Personalmente io le tollero, ma il loro problema è che, prima di venire consigliate, bisognerebbe leggerle una per una confrontandole con l'opera originale e valutare se si possono ritenere ben fatte oppure no, e questo lavoro di valutazione per essere fatto bene (altrimenti tanto vale farlo) richiederebbe tantissimo tempo (e possibilmente anche il contributo di più persone). Se ci si vuole approcciare a delle riduzioni bisogna poi anche considerare e valutare il motivo per cui lo si fa e per cui si è deciso per non optare per l'opera integrale (per l'età dei lettori, per la tipologia dei lettori, per il messaggio che si vuole che loro colgano, per trattate dei temi particolari...). 
Come ci spiega comunque Milani questa è proprio una rivisitazione del ciclo arturiano, in cui l'autore non solo elimina alcuni aspetti, ma ne aggiunge e modifica altri. Ad esempio lui stesso dice: "Ci sono un sacco di cose, in questo libro, che non hanno a che fare con la leggenda arturiana: un esempio, tra tanti, quegli indovinelli che ser Lancillotto risolve, e che sono presi da una vecchia ballata scozzese. [...] Gli episodi che non si trovano nelle leggende originali li ho inventati io; alla Signora del Lago ho dato i capelli azzurri, perché ho sempre pensato che le stessero bene...."
Ecco, iniziando a leggere questo volume è importante tenere ben a mente queste parole di Milani, tuttavia leggendo l'opera non si ha la sensazione che essa sia stata malamente alterata, anche perché comunque l'autore spiega di aver cercato di mantenere intatta la struttura e la trama della vicenda, affermando che "qualche episodio, qualche personaggio in più non alterano la sostanza del racconto". E' veramente così? Beh forse nel caso delle vicende di Re Artù può anche esserlo, in quanto appunto la stessa figura di questo re ha origini nebulose e tutti gli scrittori che hanno contribuito a narrare le sue gesta e quelle dei suoi cavalieri hanno aggiunto qualcosa di loro (da Goffredo di Monmouth a Chrétien de Troyes). Tra i personaggi inseriti dall'autore troviamo ad esempio quello di Wiligelmo, un menestrello che sarebbe un alter ergo dello stesso Milani, il quale "passando di castello in castello, Wiligelmo non narrò più la storia della guerra di Troia, o della potente città di Roma; ma cantava la storia della Tavola Rotonda, e quando narrava della bella regina Ginevra, piangeva".
Comunque la narrazione delle vicende scorre bene e in modo interessante, coinvolgente e intrigante, abbastanza da permettere al lettore di affezionarsi ai numerosi personaggi che animano tale racconto e di appassionarsi alle loro storie. Con le sue 226 pagine inoltre questo è uno dei volumi che raccontano le vicende arturiane nel modo più ampio e completo, fornendo al lettore una buona visione d'insieme (come cronologia e come svolgimento dei fatti e conoscenza dei personaggi) della faccenda; anche se in questa versione non si fa menzione della partenza dei cavalieri alla ricerca del Santo Graal, vicenda a cui l'autore sembra aver dedicato però un titolo a parte. Ne consegue un vero e proprio romanzo, adatto a essere letto in autonomia verso i 10 anni, un po' prima se letto da un adulto, magari come lettura della buonanotte, un capitolo ogni sera.
L'unica cosa che ai giorni nostri può suonare un po' strana è l'italianizzazione di alcuni nomi stranieri, cosa che si faceva in passato (i testi di quest'opera sono degli anni Settanta) e che oggi si è fortunatamente smesso di fare. Tra quelli modificati troviamo proprio quello di Artù, che l'autore chiama sempre Arturo, o della città di Canterbury che viene chiamata Canterburgo (altri nomi invece sono mantenuti corretti, tipo quello di Sir Ector non è stato fatto diventare Ettore).

Il volume è stato pubblicato originariamente nel 1971 dalla Mursia editore. L'opera nel corso degli anni è stata però ristampata più volte, talvolta anche con copertine e formati diversi.
Vi è ad esempio l'edizione del 1982 illustrata da Carlo Alberto Michelini, che ha una copertina rigida, misura 24,5 cm d'altezza e 17,5 cm di lunghezza, ha 226 pagine e costava 15000 Lire.
L'edizione più recente è invece quella del 2014, sempre illustrata da Michelini, una copertina flessibile che misura 21 cm d'altezza e 14 cm di lunghezza, che ha 232 pagine e costa 9,90 euro.
 
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