"Il ciuco di Melesecche" è una vecchia raccolta (originariamente venne pubblicata nel 1922) di storielle e
filastrocche in rima scritte da Renato Fucini e illustrate da Pietro
Malvani, un noto figurinaio italiano.

Sopra: Tre diverse copertine di alcune edizioni uscite per questo volume, di cui la prima è del 1975, quella centrale è del 1939 e quella a destra è l'edizione più recente, del 2023.
Renato Fucini (Monterotondo Marittimo 1843 – Empoli 1921)
laureatosi in agraria si trasferì a Firenze, dove cominciò a comporre
versi in vernacolo pisano nello scomparso Caffè dei Risorti:
componimenti poi pubblicati nel 1871 con il titolo Cento sonetti in vernacolo pisano. Si dedicò quindi all’insegnamento, e contestualmente a scrivere novelle prevalentemente ambientate in Maremma: "Le veglie di Neri" (1882); "All’aria aperta" (1897); "Nella campagna toscana" (1908), mentre "Il ciuco di Melesecche" è del 1922.
Novelle e filastrocche che con divertita ironia, fra apologhi moraleggianti e scanzonati nonsense,
ci tramandano un mondo venato di nostalgia e di concreta saggezza: una
cultura incolta secondo il comune metro accademico, eppure capace di
straordinarie illuminazioni, di epifanie salaci, di logica semplice e
pungente.
Abbiamo ad esempio la prima storia, quella che dà il titolo alla raccolta, che vede il padrone di un asimo lamentarsi e struggersi per la morte del proprio asino, a cui, come lui stesso dichiara, negli ultimi giorni lo aveva abituato... ad non aver più bisogno di mangiare.
Oppure vi è quella di due bambini che vanno a fare campeggio in un bosco e uno dei due si vanta del proprio coraggio, ma quando arriva un orso è il primo che abbandona l'amico e scappa su un albero, mentre l'altro si finge morto. O quella in cui una madre chioccia avvisa i suoi pulcini di tornare da lei appena sentono un certo richiamo che li avverte di un pericolo in arrivo, ma due pulcini che stanno litigando non ci fanno caso e così vengono catturati da un falco.
Oltre a queste brevi narrazioni vi sono poi diverse storie in rima, scritte in versi alternati (AB AB) o in rima baciata (AA BB). Sono filastrocche piuttosto lunghe, ma composte da versi abbastanza brevi che le rendono molto orecchiabili e piacevoli da ascoltare, mentre la loro natura ironica e pungente, talvolta anche un po' violenta, le rende divertenti.
La Regina di cuori
"La Regina di Cuori,
un bel giorno d'estate,
rinunziando, per caldo, ad andar fuori,
restò a casa a impastar delle schiacciate.
M quel birbante del fante di cuori,
senza curarsi punto dei calori,
senza pensar che s'era d'estate,
rubò quelle schiacciate.
Il Re di cuori fe' chiamare il Fante,
e lo trattò di ladro e si birbante;
e dalla rabbia, persa la ragione,
gli fracassò lo scettro sul groppone.
..."
La cazone di un soldatino
"[...]
Eran ventiquattro ed eran merli;
ed il cuoco del Re, da cuoco esperto,
appena nelle man potette averli,
per cavarsi più presto dall'impiccio,
senza ammazzarli,
senza pelarli,
li cosse in un pasticcio.
Fin qui tutto va in regola; ma quando
il pasticcio fu aperto,
volaron via, cantando.
Non pare a voi, come pare anche a me,
degna pietanza questa per un Re?"
Alcune filastrocche inoltre sono divertenti perchè giocano sulla ripetizione di frasi o situazioni, come quella di "I tre allegri cacciatori" dove vediamo tre amici che escono a caccia e incontrano animali, oggetti e persone scambiandoli sempre per qualcos'altro, e nel frattempo, tra una strofa e l'altra vengono ripetuti i versi "E strombettando e urlando se n'andavano / e, andando, strombettavano e urlavano." In "Il garzone del contadino" invece vediamo essere ripetuta, all'inizio di ogni strofa, la frase: "Quand'ero contadino, / o, piuttosto, garzon d'un contadino / io, da onesto garzone ..."
Mentre la filastrocca "La casa di Bastiano" viene ripetuta in continuazione la frase "nella casa di Bastiano", visto che la poesia ha una struttura simile a quella di "Alla fiera dell'Est".
La casa di Bastiano
"Questa è la talpa che ha mangiato il grano
che era nella casa di Bastiano.
E questo è il gatto che mangiò la talpa
la quale aveva mangiato tutto il grano
che trovò nella casa di Bastiano.
E questo è il cane che noiava il gatto,
quel bravo gatto che mangiò la talpa
la quale aveva mangiato tutto il grano
che trovò nella casa di Bastiano.
Questa è la vacca con un corno torto
che, a cornate, ridusse quasi morto
quel brutto cane che noiava il gatto,
quel bravo gatto che mangiò la talpa
la quale aveva mangiato tutto il grano
che trovò nella casa di Bastiano ..."


Le storie e le filastrocche sono accompagnate dalle illustrazioni di Pietro Malvani, uno dei vecchi figurinai italiani, tanto da essere citato anche da Antonio Faeti nel suo saggio "Guardare le figure: Gli illustratori italiani dei libri per l'infanzia". Faeti descrive Malvani come: "il figurinaio più coerentemente capace di collegarsi al contenuto del volume. Malvani sa, come l'autore delle filastrocche, mantenersi in bilico, tra le opposte sollecitazioni che provengono dai vari ambiti nei quali si insinua il volume. Egli riesce ad essere crudele, limpido, sentenzioso, secondo le allusioni che, sottilmente, sono reperibili nelle varie pagine." (Faeti Antonio, Guardare le figure: Gli illustratori italiani dei libri per l'infanzia, Donzelli Editore, Roma, p. 378)
Le immagini sono molto numerose all'interno di quest'opera e ve ne sono di vario tipo: ad esempio c'è sempre un disegno che accompagna il titolo e che serve come decorazione per quest'ultimo, poi vi sono dei piccoli disegni che accompagnano i testi e che li interrompono ogni tot di strofe per mostrare cosa sta succedendo nella storia; infine vi sono le immagini a pagina intera, le quali mostrano una scena particolare che viene raccontata nella storia o nella poesia. In quest'ultimo tipo di disegni Malvani rappresenta anche il paesaggio circostante, mentre in quelli posti in mezzo ai testi vengono rappresentati solo i personaggi, intenti a compiere qualche azione, senza nessun accenno allo sfondo.
I disegni appunto mostrano personaggi è vicende narrate nelle storie, tratteggiate con tratti netti e molto puliti, dall'aspetto realistico e anche molto curato e attento ai dettagli, soprattutto nelle illustrazioni a pagina intera




"Il ciuco di Melesecche" di Renato Fucini e Pietro Malvani è un testo che ho scoperto poiché l'ho trovato citato nel saggio di Faeti "Guardare le figure: Gli illustratori italiani dei libri per l'infanzia", dove ne parla come delle filastrocche che prendono esempio dal repertorio inglese: "Sono spesso veri e propri racconti, novelle in versi, saggiamente assurde, ma anche violente e misteriose, oppure dense di un'insopprimibile tristezza che il loro ritmo di canzoncine non riesce a spegnere. [...]
Fucini riprese i termini dell'assurdo anglosassone e li collocò entro un nostro contesto, non solo in senso linguistico, ma anche per l'insieme dei riferimenti usati, e soprattutto per l'atmosfera complessiva cui rivestì il libro.
Nel Ciuco di Melesecche si allude ad un'anedottica popolare, sulla quale, sottilmente, si ironizza, senza però abbandonare del tutto il tono di ragguaglio inesatto, di cronaca menzognera che si ritrovano nell'esposizione del cantastorie.
I fondo, nelle filastrocche di Fucini, un imbonitore, forse convintamente bugiardo, ma anche sinceramente folle, analizza, a modo suo, un'ipotetica società e guarda ad alcune emblematiche vicende per ricavarne una morale, che, in quanto assurda, può riuscire utilissima, soprattutto in senso pedagogico." (Faeti Antonio, Guardare le figure: Gli illustratori italiani dei libri per l'infanzia, Donzelli Editore, Roma, p. 376)
Un esempio lampante dell'assurdità, della tristezza, dell'ironia e della stranezza di questi racconti è proprio la prima novella, quella che dà anche il titolo alla raccolta dove Melesecche trova il suo asino morto nella stalla e, disperato per la propria perdita, si mette a elencare tutte le qualità dell'asino, le quali sono infatti assurde e portate all'estremo: "Le bastonate parevano che fossero la sua consolazione; il sole d'agosto se lo godeva come un rinfresco; i ghiacci d'inverno lo riscaldavano tutto; la pioggia, la grandine e la neve s'era abituato a succhiarsele come benedizione del cielo ..." Infine l'uomo si lamenta del fatto che il ciuco gli sia morto proprio quando lo aveva finalmente "avvezzato a non aver più bisogno di mangiare!" E il padrone sembra proprio convinto di ciò, così com'era convinto di tutto ciò che aveva detto in precedenza riguardo al suo ciuco, ma quanto ci sarà di vero nelle sue parole? I lettori saranno più portati a vederci la "cronaca menzognera" di cui parlava Faeti, in quanto a quale animale piacerebbe essere picchiato, o piacerebbe trasportar pesi nel caldo di agosto, o esser indifferenza al freddo, alla pioggia, alla grandine?
Vi è poi la filastrocca del fante che ruba le schiacciate alla Regina e viene picchiato dal Re; quella del re cuoco che cucina in un pasticcio 24 merli senza ucciderli e senza spennarli, così quando apre il pasticcio essi volano via e uno di loro porta via alla regina un pezzo di naso; o quella di un cane che morde un uomo molto buono e generoso: "Ed incontrando il suo benefattore / (uh, che orrore, che orrore; uh, che mondaccio!), / gli s'avventò, lo morse e gli strappò / mezzo chilo di ciccia da un polpaccio. / [...] Vista la gran ferita sanguinosa, / ognun la giudicò pericolosa. / E mentre lo fasciavano e pensavano / che quel cagnaccio era di certo idrofobo, / dissero tutti, e l'affermò anche il medico, / che, senza dubbio, dentro un tempo corto, / l'uomo darebbe morto. / Sapete un po'? Dentro due settimane, / l'uomo era vivo, ed era morto il cane!".
Come vedete sono tutte storie che conservano al proprio interno una certa dose di violenza, sebbene il tono generale delle filastrocche sia divertente e ironico, in esse inoltre si percepisce anche alcuni elementi fiabeschi, come gli uccelli che escono vivi dal pasticcio nonostante vi siano stati cotti dentro, o l'uccello che stacca un pezzo di naso alla regina mentre un altro glielo ricucisce senza che questa si accorga di nulla, ...
Una raccolta di storie e filastrocche che secondo me anche adesso risulta molto carina e in gran parte proponibile da leggere anche a bambini a partire da 5/6 anni in lettura condivisa, altrimenti dagli 8, sebbene sarà necessario che il lettore adulto spieghi al bambino (o che quest'ultimo vada a ricercarsi) qualche termine che ormai risulterebbe desueto nella lingua italiana. Termini come: "scortichino" (colui che cava la pelle agli animali morti, (p.3), "lo avevo avvezzato" (p.3), "curarsi punto" (p.7), "mi vedrai al cimento" (p.11), "sbuzzarli" (p.18), "rimpaciati" (p.24), "empiendola" (p.46), "cotone fenicato" (p.46), "strapanato" (p.52), "smargiassi" (p.57), "a lui gli ci piaceva poco l'agro di limone" (p.57), "arcifanfano" (p.60), "rintuzzò" (p.81),"core" (p.83), ...
Quest'opera è stata pubblicata nel 1922 anche se l'edizione che ho io è quella edita nel 1975 da Einaudi Editore. Il volume ha 116 pagine, la copertina flessibile, misura 24,00 cm d'altezza e 17,00 cm di lunghezza e costava 12.000 LIRE.
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