lunedì 19 settembre 2016

Pinocchio di Stefano Bessoni

Dopo "Alice sottoterra" e "I canti della forca" (di cui ho già parlato rispettivamente qui e qui) Bessoni reinterpreta un classico della letteratura italiana: "Le avventure di Pinocchio". Nella sua opera l'artista, però, non ha voluto riproporre la storia originale, che molti ormai già conoscono, ma una sua personale visione della vicenda. Alla fine dell'albo, infatti, egli stesso spiega: "In questo libro non ho voluto riproporre fedelmente il testo e la storia di Collodi, che comunque tutti conoscono alla perfezione e di cui esistono innumerevoli edizioni, ma ho preferito soffermarmi sui personaggi principali e fornirli di tutto ciò che immaginavo scritto oltre le righe, approfondendo i loro caratteri, le loro manie e ossessioni, mantenendo la storia semplicemente come esile filo conduttore."

Sopra: La copertina del "Pinocchio" di Stefano Bessoni mostra un primo piano della bambina dai capelli turchini (conosciuta anche come Fata Turchina).

Il racconto comincia, come quello di Collodi, con un pezzo di legno, il quale però si ipotizza subito essere in realtà una grossa radice di mandragola, cresciuta ai piedi di qualche forca. Il pezzo di legno (presunta radice di mandragola) finisce nelle mani di Geppetto, il cui vero nome è in realtà Giuseppe Bartolomeo Zacchia (il nome di questo personaggio riprende quello del Dott. Zacchia, presente nel film diretto da Bessoni "Frammenti di scienze inesatte", il quale dirige una piccola scuola di medicina e scienze naturali in cui si insegnano materie ufficiali e discipline inusuali). Il Geppetto di Bessoni ha studiato medicina e anatomia, diventando becchino preparatore dell'Arcispedale de Santa Maria Nuova in Firenze, dove aveva lavorato per quasi trent'anni apprendendo tutte le tecniche di conservazione di scheletri e preparati anatomici (il vero Geppetto, per Bessoni, è infatti Sgatti, un becchino vissuto a fine Ottocento che lavorò proprio presso l'Arcispedale de Santa Maria Nuova). Questo Geppetto fa il falegname solo per arrotondare lo stipendio, fabbricando protesi e arti artificiali, con una particolare predilezione per i nasi.
Quando quest'uomo riceve in regalo la mandragola, decide di costruirsi un burattino, mettendo in pratica ciò che aveva studiato sugli homunculus, sulla leggenda del Golem e sulle esperienze di Galvani (fisiologo, fisico e anatomista italiano nato nel 1737 e morto nel 1798, oggi ricordato come lo scopritore dell'elettricità biologica). Per creare il suo Pinocchio questo singolare Geppetto prende ispirazione dalle bambole e dai manichini anatomici, in particolare le cere anatomiche del Susini, conservate al Museo della Specola a Firenze. Il Pinocchio che viene creato è un burattino dalla testa tozza e scheletrica e il cui corpo contiene interiora intagliate nel legno e verniciate. Questo burattino però non è meno birbante della sua controparte collodiana, così prima ancora di essere stato assemblato comincia a fare scherzi a Geppetto, fugge di casa, uccide il Grillo parlante, si brucia i piedi ….

  
Sopra: Il Geppetto di Bessoni, per costruire il proprio Pinocchio prende ispirazione dalle cere anatomiche del Susini, dotandolo di organi interni perfettamente riprodotti con legno verniciato.  Nella foto a destra potete vedere Venerina (realizzata tra il 1780 e il 1782), una delle cere anatomiche realizzate da Clemente Susini.

Il Pinocchio di Bessoni incontra, infatti, tutti i personaggi dell'opera originaria, ovviamente reinterpretati dall'artista: il Grillo-parlante, Mangiafoco, il Gatto e la Volpe, la Fata Turchina, i dottori, i conigli becchini, il pescatore verde, Lucignolo e il pesce-cane (o più precisamente, in questa versione, una rana pescatrice gigante).
Interessante in particolare la figura della Fata Turchina, che in realtà è una bambina morta dai capelli turchini, la quale anche nella versione originale di Collodi era una bambina dai capelli turchini che, quando Pinocchio le chiede d'aiutarlo, gli risponde "In questa casa non c'è nessuno. Sono tutti morti. (…) Sono morta anch'io (…) Aspetto la bara che venga a portarmi via". Non sorprende quindi che Bessoni associ la Fata anche alla figura delle streghe, tuttavia "Lei ci teneva molto ad essere ad essere chiamata fata e cercava in tutti i modi di comportarsi come tale, prendendo a modello la fata verde dell'assenzio e la fata bianca dei dentini."

Sopra: Bessoni rappresenta la fata dai capelli turchini con un aspetto emaciato, con profonde occhiaie, il corpo quasi scheletrico e un mare di capelli turchini. D'altronde anche nel libro di Collodi questo personaggio avrebbe dovuto essere una sorta di fantasma.

Ogni immagine da lui realizzata, come di consueto con i libri di questo artista, è collocata nella facciata accanto a quella con il testo. Nelle sue illustrazioni vengono rappresentati soprattutto i personaggi del libro, dopotutto, come lo stesso Bessoni aveva spiegato alla fine di questo volume, egli ha preferito soffermarsi sui soggetti principali, lasciando la storia in secondo piano. Per cui il lettore vedrà susseguirsi una serie di personaggi grotteschi, bizzarri, sgangherati, macabri, paurosi anche, molto spesso scheletrici, che emergono da uno sfondo indefinito, astratto, che lascia che l'attenzione del lettore si focalizzi tutta sui protagonisti dell'illustrazione. Lo stile dell'autore è, come sempre, particolare e immediatamente riconoscibile: macabro, affascinante e visionario.

  
Sopra: Due personaggi del libro che Bessoni reinterpreta attraverso le sue illustrazione: a sinistra il Grillo parlante, dall'aspetto sgangherato, con due occhi sproporzionati, il volto scheletrico e due file di denti; e a destra Mangiafoco, un omone basso e largo, dai piccoli occhi malvagi, con un'enorme barba incolta e due gambette sottili. Inoltre, come potete vedere anche da altre illustrazioni, entrambi i personaggi sono stati posti in uno sfondo indefinito, di cui cambiano solo le sfumature dei colori.

L'opera di Bessoni è sì la storia di Pinocchio, ma reinterpretata secondo le conoscenze dell'artista e contaminata con influenze lombrosiane e shelleyane. Come spiega lo stesso Bessoni: "Il mio Pinocchio è una sorta di creatura strampalata che porta su di sé le stigmate anatomiche  del "delinquente nato" di  Cesare Lombroso e la perturbante diversità di Frankenstein di Mary Shelley". In effetti in questo libro l'artista ha inserito moltissimi riferimenti e conoscenze personali: viene citato il Frankenstein di Mary Shelley (di cui il Geppetto di Bessoni è un instancabile lettore); la leggenda del Golem (questo Geppetto ha infatti inciso sulla nuca del suo burattino la parola ebraica "Emetn", che vuol dire "vita"); Sgatti, un becchino vissuto realmente nell'Ottocento (a cui è ispirata la figura di questo Geppetto); le scoperte sull'elettricità biologica di Luigi Galvani; le cere anatomiche del Susini e la teoria di Cesare Lombroso (medico, antropologo e giurista italiano considerato uno dei padri della criminologia).

  
Sopra: A sinistra, il Geppetto rappresentato da Stefano Bessoni si basa su un becchino preparatore vissuto nell'Ottocento chiamato Sgatti, ritratto nella foto a destra,  che lavorò nell'Arcispedale di Santa Maria Nuova a Firenze.

  
Sopra: In questa versione di Pinocchio vengono citate anche le teorie di Cesare Lombroso (1835-1909), fondatore dell'antropologia criminale, secondo cui l'origine del comportamento criminale era insita nelle caratteristiche anatomiche del delinquente. A sinistra possiamo vedere un'illustrazione di Bessoni che mostra Lombroso mentre analizza il cranio di Pinocchio, mentre a destra vi è una foto proprio di Lombroso.

Alcuni riferimento provengono anche da altre opere dello stesso Bessoni: vengono infatti citate le ricette per la fabbricazione degli homunculus di Paracelso e, quelle più recenti, di Lazarus Zendak, entrambe presenti nell'opera di Bessoni "Homunculus" (di cui ho parlato qui); quando Pinocchio va a vedere il teatro delle marionette di Mangiafoco, tra queste, oltre ad Arlecchino e Pulcinella, vi è anche un certo Mr Punch "Che era appena arrivato dall'Inghilterra per far parte dello spettacolo e non capiva nulla di quello che stava accadendo", personaggio che troveremo poi nel libro di Bessoni "Mr Punch" pubblicato nel 2015.
D'altra parte la stessa figura di Pinocchio, e della mandragola, era presente nella prima opera di Bessoni "Homunculus" del 2011, in cui il protagonista Lazarus Zendak decide di fabbricarsi un omuncolo in seguito alla morte della figlia, prendendo in considerazione varie ricette:
"Ma la ricetta per dare la vita 
dentro una pianta era custodita (…)
Mandragola era chiamata dalla gente
e molti non la credevano vivente. 
Ideale per sortilegi e unguenti,
per l'umuncolo è tra gli ingredienti.
Assai bene lo sapeva il Collodi,
che la usò insieme a carne, legno e chiodi
per inventare una sua creatura
e trasformarla in letteratura".

  
Sopra: A sinistra il Pinocchio rappresentato da Bessoni in quest'opera, mentre a destra una raffigurazione del burattino/omuncolo, sempre di Bessoni, presente nella prima opera di questo artista: "Homunculus", del 2011.

Questa si presenta quindi come un'opera complessa, come d'altronde è il classico a cui si ispira, che offre molti spunti interessanti da approfondire. Sicuramente Bessoni ha creato una versione alternativa molto interessante del Pinocchio collodiano, una versione che mette in risalto alcuni aspetti della storia (quelli più macabri ed esoterici) che lo scrittore, nonché artista, ha notato. Dopotutto il libro di Collodi è un'opera complessa, con personaggi e vicende particolari e memorabili, che offre diversi livelli di lettura, e che quindi si presta bene a essere rivisitata e riscritta (ci sono già diversi libri, e i film, che si basano sulla storia del burattino interpretandola differentemente, finendo per creare una storia magari simile, ma al contempo molto diversa), come succede anche con molte fiabe, ed è anche questa caratteristica a renderla un classico senza tempo, a discrezione poi anche dei gusti personali.

Questo libro dalla copertina rigida è stato pubblicato nel 2013 dalla Logos, ha 68 pagine e misura 26,8 cm d'altezza e 21,6 cm di lunghezza; costa 20 euro.

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