lunedì 28 marzo 2016

La Valle dei Mulini di Noelia Blanco e Valeria Docampo

Valeria Docampo è un'artista argentina che dal 2006 si dedicata ai libri per l'infanzia, tra cui il più conosciuto, scritto da Agnes de Lestrade,  è "La grande fabrique de mots" del 2009, tradotto in 20 lingue, compreso l'italiano.  Oltre a questo libro sono state tradotte in italiano anche altri suoi lavori quali: "La Valle dei Mulini" del 2013, "Domani Inventerò" del 2014 e "Cenerentola" del 2015.
In questo post ho deciso di parlarvi de "La Valle dei Mulini", un'altra opera molto amata e apprezzata di questa illustratrice, scritta da Noelia Blanco ed edita in italiano da Terre di Mezzo Editore.

Sopra: La copertina de "La Valle dei Mulini" di Noelia Blanco e Valeria Docampo. I capelli della protagonista in questa immagine sono molto ammalianti, tanto che questa illustrazione è, in effetti, una delle più belle del libro.

Nella Valle dei Mulini, dove vivevano persone simili a tutti gli altri, arrivarono un giorno le Macchine Perfette, grazie alle quali bastava schiacciare un bottone affinché tutto fosse perfetto. Gli abitanti così smisero di sognare, dimenticandosi anche dei mulini e del Vento che li faceva girare, così quest'ultimo smise di soffiare, ma i paesani non si accorsero nemmeno della sua scomparsa.
Non tutti però hanno smesso di sognare, c'è ad esempio Anna, la sarta del paese, che da quanto sono arrivate le Macchine Perfette non cuce più abiti, ma si deve accontentare di effettuare qualche piccolo ritocco. Lei, tuttavia, desidera ancora potersi sbizzarrire e creare abiti favolosi.
L'occasione arriverà quando, durante una passeggiata notturna, mentre tutti sono stati addormentati dalle Macchine, Anna incontrerà l'Uomo-Uccello, un uomo che desidera volare, ma che non possiede ancora le ali per farlo. Così la sarta, contenta di aver trovato qualcun altro che ha conservato i propri sogni, si offre per cucirgli un abito che possa realizzare il desiderio dell'uomo.

Sopra: Il primo incontro di Anna con l'Uomo-Uccello. E' interessante notare come l'artista abbia scelto gli stessi colori sia per la protagonista  che per questo personaggio, ciò le uniche persone all'interno della storia che hanno ancora dei sogni.

L'impresa però non si rivela affatto facile, così Anna decide di recarsi nel Giardino dei Soffioni, un luogo ormai dimenticato, in cui gli abitanti del villaggio formulavano i propri desideri prima che arrivassero le Macchine Perfette, quando c'era ancora il Vento. Così la sarta, una volta giunta nel Giardino, coglie un soffione ed esprime il proprio desiderio, ma il Vento si leva e trasporta il soffione lontano. Anna lo insegue fino a giungere in cima a una montagna in cui sono presenti una serie di rocce alte e strette chiamate Pettine di Vento. Il Vento, riversandosi in mezzo a queste rocce, vi lascia molti capelli impigliati, così  la sarta capisce quale materiale potrà utilizzare per cucire l'abito dell'Uomo-Uccello.

Sopra: Questa immagine rappresenta Anna di fronte al Pettine del Vento, nel quale si possono vedere dei capelli di Vento impigliati. La scena ha un'ampia visuale, tanto che la ragazza appare molto piccola in proporzione al resto dell'immagine, ella però spicca comunque grazie ai colori dell'abito e dei capelli (blu e rosso) che si distaccano molto da quelli del paesaggio (marrone e bianco).

Il giorno dopo il Vento ritorna a soffiare e a far muovere le pale dei mulini, spandendo per le vie del villaggi i desideri dimenticati, così gli abitanti cominciano a ricordarli e le Macchine Perfette si spengono una dopo l'altra. Nel frattempo la nostra protagonista ha finito di cucire l'abito e lo porta all'Uomo-Uccello che finalmente può realizzare il suo sogno: volare, mentre tutti gli abitanti festeggiano il ritorno del Vento.

Come avrete capito questa è una di quelle storie che vuole spingere la gente a continuare a sognare e a credere nei propri sogni, e lo fa con un racconto bello, delicato e a suo modo profondo. Certo, l'autrice non fornisce al lettore tutti i particolari, soprattutto non racconta come e da dove siano sbucate le Macchine Perfette, perché questo non è un fatto rilevante per Blanco; al lettore deve bastare sapere che un giorno queste Macchine sono arrivate in questa Valle cambiando la vita degli abitanti.
Il fatto di attribuire alle macchine la perfezione è un po' uno stereotipo, ma in questo caso è una cosa voluta in quanto, proprio perché queste evocano solitamente nella mente umana questa idea, il lettore sarà subito portato ad associare, grazie a un impatto immediato, l'idea "macchina" e "perfezione", e in questo modo terrà presente questa associazione più facilmente durante la lettura.
Bisogna infatti considerare che questo libro illustrato è indirizzato a lettori a partire dai 3 anni, per cui, sfruttando un'idea comune, anche se forse un po' stereotipata, vuole probabilmente aiutare i piccoli (ma non solo, in quanto i nostri stereotipi ci accompagnano fino alla morte) a cogliere in maniera più immediata l'idea della perfezione, una cosa che può essere difficile da descrivere e da rappresentare se non si usano metafore chiare e comprensibili.
Inoltre le macchine, oltre a dare l'idea della perfezione, sono anche viste solitamente come cose non dotate di sentimenti, insensibili, incapaci di provare emozioni e, in questo racconto, perfino idee. In effetti una delle grandi sfide dell'umanità è proprio quella di creare robot capaci di provare sentimenti e pensieri simili a quelli di un essere umano, superando un limite fin'ora invalicabile. Moltissime opere, letterarie e cinematografiche, hanno trattato questo dilemma, ma non è questo il caso del libro della Blanco e della Docampo, il quale invece vuole sfruttare un'idea comune a proprio vantaggio, per far arrivare al lettore un altro tipo di messaggio.
Il fulcro di questa storia non sono infatti le Macchine, sulle quali in effetti ci si sofferma poco, limitandosi a descriverne l'unico tratto essenziale (il fatto che sono perfette, esse ed ogni cosa che fanno), senza approfondire ulteriormente l'argomento. Basta pensare al fatto che non ci viene nemmeno spiegato da dove vengono, da chi o come sono state create o anche semplicemente come sono giunte proprio in questo villaggio. Nulla di tutto questo, al lettore deve bastare sapere che sono, appunto, Macchine Perfette, e le conseguenze che il loro arrivo ha avuto; sono semplicemente un mezzo narrativo, non il fine.

Sopra: Questa scena rappresenta il giorno in cui arrivarono nella Valle le Macchine Perfette. Il fatto interessante, che si può evincere solamente tramite le illustrazioni, è che queste macchine non sono veri e propri robot, ma sono come degli abiti con dei caschi che le persone devono indossare, rinchiudendosi al loro interno. Dietro a quello che dovrebbe essere il generatore che alimenta o carica le Macchine possiamo vedere la nostra protagonista, immediatamente riconoscibile dai suoi capelli. Come è facile vedere le tinte presenti sono il bianco e il marrone, poi il blu/azzurro e infine il rosso, visibile in un unico elemento.

Un particolare a cui prestare attenzione è la scelta dei nomi all'interno di questo libro: ad esempio il nome delle Macchine Perfette indica ciò che queste sono, niente più e niente meno.
Più interessante è invece quello dell'Uomo-Uccello, il quale, in questo caso, indica non ciò che è ma ciò che sarà, si riferisce al futuro, al suo destino. Potrebbe essere interessante chiedersi da dove derivi questo nome, se glielo hanno dato alla nascita (come una sorta di nome profetico) o se se lo è scelto lui stesso dopo aver scoperto il suo desiderio più grande. Comunque sia, anche non conoscendo il passato di questo personaggio, il suo nome contribuisce a far intendere al lettore qual è il suo desiderio, e quindi lo scopo a cui si vuole arrivare, fornendo quindi, in modo immediato e chiaro, il suo ruolo nella storia.
Dopotutto, le prime cose che vengono in mente (specialmente ai bambini) quando si pensa ad un uccello sono: ha le ali e quindi vola. Tuttavia questo Uomo-Uccello non ha le ali, e infatti non può volare, quindi non sarebbe più un Uomo-Uccello, ma solamente un uomo, per cui è immediato, se non ovvio, pensare che il desiderio, lo scopo di vita, di questo personaggio sia quello di costruirsi un paio d'ali per poter volare.
Anche il nome "Pettine del Vento", riferito a delle rocce alte e strette in fila l'una accanto all'altra, esprime, anche se in modo più metaforico, ciò a cui si riferisce: questa serie di rocce, pur non essendo un vero e proprio pettine (come quelli che noi usiamo per pettinarci i capelli) hanno però una caratteristica tipica di questo oggetto: trattengono i capelli che si impigliano nei loro denti. Anche in questo caso, quindi, l'autrice ha sfruttato un nome per assegnare a un elemento una caratteristica propria e facendo così in modo che questa venga capita immediatamente dal lettore.
Lo stesso discorso può valere anche per il nome della Valle (la Valle di Mulini) o per il Giardino dei Soffioni: questi nomi descrivono, riportano e contengono, le caratteristiche di ciò a cui si riferiscono.
L'unica eccezione è il nome della protagonista: Anna, il quale è infatti  l'unico presente nel libro che fa riferimento a uno esistente anche nel nostro mondo. Esso significa grazia, o graziosa, misericordia, pietà e, secondo la tradizione, chi lo possiede è una persona con un forte senso di giustizia e di ordine.

Sopra: La sarta Anna sta esprimendo il suo desiderio nel Giardino dei Soffioni. Anche in questa illustrazione si possono notare le tinte che l'artista ha scelto di adottare per questo libro: il marrone del terreno (nella parte bassa dell'immagine), il bianco dei soffioni, il blu/azzurro dell'abito della protagonista e del cielo, e il rosso (l'unico colore acceso presente nella scena) dei capelli della giovane. 

Passando ad analizzare i disegni, realizzati dalla Valeria Docampo, ci si può accorgere che, oltre ad essere molto graziosi e belli, essi presentano anche alcune caratteristiche interessanti. Ad esempio, come potete vedere anche dalle immagini che ho riportato sopra, gli unici personaggi colorati con tinte che spiccano (il blu e soprattutto il rosso), sugli sfondi bianchi e marroni sono l'Uomo-Uccello e la protagonista.

Sopra: In questa immagine, con una prospettiva dall'alto,  si può chiaramente notare come la protagonista sia l'unica persona del villaggio ad essere stata dipinta con colori differenti dai toni del marrone, che invece hanno tutti gli altri abitanti.

In questo libro predominano, infatti, solo alcuni colori: il bianco e le sfumature del marrone, a cui l'artista contrappone il blu del cielo notturno e dell'abito della protagonista, ed elementi dal colore rosso, come i capelli di Anna e i pantaloni dell'Uomo-Uccello.
Sopra alcuni disegni, inoltre, la Docampo traccia dei tratti e dei segni bianchi che rappresentano elementi particolari delle illustrazioni, come ad esempio i soffioni o le ali fatte con i capelli del Vento dell'Uomo-Uccello. Questi tratti si differenziano nettamente dallo stile delle immagini del libro, essendo più semplici e meno curati, volutamente più simili a degli schizzi veloci, oppure ai disegni che farebbe un bambino.

Sopra: In questa scena, in cui l'Uomo-Uccello ha finalmente realizzato il suo sogno grazie all'aiuto della sarta, si possono vedere gli elementi bianchi realizzati con uno stile differente rispetto al resto delle illustrazioni.

Questa è un'opera con dei bei disegni, dai tratti morbidi e toni caldi, che vuole ricordare alle persone l'importanza e la bellezza dei propri sogni e la forza dei propri desideri. Sarebbe inoltre interessante chiedersi quale sia il legame, in questa storia, tra il Vento, i sogni e le Macchine Perfette. Infatti gli abitanti smettono di sognare quando scoprono queste ultime, le quali avverano tutti i loro desideri e soddisfano tutti i loro bisogni. Il Vento smette invece di soffiare quando gli abitanti si dimenticano dei loro mulini, ma ritorna quando Anna vuole soffiare su un soffione per esprimere un desiderio e, il giorno dopo, esso ritorna a far girare le pale dei mulini nella Valle, riportando agli abitanti i loro desideri dimenticati, facendo così spegnere le Macchine Perfette.

Questo libro è stato pubblicato nel 2012 dalla Alice Editions col titolo  "La Valleé des Moulins", è giunto in Italia l'anno successivo edito dalla Terre di Mezzo Editore. Ha 40 pagine e misura 25,5 cm d'altezza e 24,3 cm di lunghezza, il suo prezzo e di 15 euro.

Tutti i diritti appartengono ai legittimi proprietari, non vi è alcun intento di infrangere il copyright. Le immagini e i testi sono utilizzati a scopo puramente informativo.

lunedì 21 marzo 2016

Ondine di Benjamin Lacombe

Torno a parlarvi nuovamente dell'artista francese Benjamin Lacombe presentandovi un'altra sua opera: "Ondine", uscita nel 2012 in Francia e l'anno successivo in Italia, la quale ha come protagonista una creatura tipica del folklore germanico, creatura da cui anche altri autori hanno tratto ispirazione.

Sopra: La copertina di "Ondine", libro scritto e illustrato dal giovane artista francese Benjamin Lacombe, il quale, per scriverlo, si è ispirato ad alcune opere passate che narravano le vicende della medesima protagonista.

Prima di cominciare a parlare dell'opera è opportuno spiegare che le ondine sono creature magiche legate all'elemento dell'acqua. Di esse ne fa menzione Paracelso, il quale le paragona alle ninfe o a degli spiriti acquatici privi di anima, potendo loro ottenerla solamente sposando un mortale; sono poi entrate a far parte del folklore europeo, in cui vengono descritte come creature affini alle fate. Vengono spesso associate anche alle sirene (per il loro splendido canto, il loro legame con l'acqua, e il loro bellissimo aspetto) ma solitamente, a differenza di queste, le ondine non hanno coda di pesce, possono inoltre risiedere, oltre che in mare, anche in laghi, fiumi, foreste e cascate.
Come ho già anticipato, una di queste creature è stata resa la protagonista di diverse opere a cui Lacombe si è probabilmente ispirato per scrivere questo libro.
Una delle prime opere con protagonista un'ondina è un racconto romantico che risale al 1811, scritto da Friedrich de la Motte Fouqué. In questo racconto Undine, figlia del Re del Mare, abbandona il suo mondo acquatico per trovare un uomo che, sposandola, le donerà un'anima immortale. Ritrovatasi bambina sulla terra, viene allevata da una famiglia di pescatori, una volta cresciuta si innamora del cavaliere Hulbrand che, anche dopo aver scoperto la sua natura sovrannaturale, la sposa giurandole amore eterno. Dopo le nozze l'ex fidanzata del cavaliere si mette tra Undine e Hulbrand, il quale torna dal vecchio amore e comincia così a trattare male la sposa. Gli spiriti dell'acqua esigono quindi una vendetta da parte della loro simile, la quale ucciderà il cavaliere con un bacio mortale.

Sopra: La copertina del racconto romantico "Undine", scritto nel 1811 da Friedrich de la Motte e illustrato, in questa versione, da Katherine Cameron.

Ondine è anche un dramma, basato sul racconto di Friedrich, composto nel 1939 da Giraudoux. In questa versione la protagonista, affascinata dalla vita dei mortali, vive presso una coppia di pescatori ai quali una notte il cavaliere Hans chiederà ospitalità. Il gentiluomo e la fanciulla si innamorano e il primo, dopo essere venuto a conoscenza della natura della ragazza, decide comunque di sposarla. Il Re delle creature del lago mette in guardia Ondine sulla difficoltà di questo legame, facendole promettere che se suo marito la tradirà questo morirà e lei si dimenticherà di lui; la protagonista, sicura del loro legame, accetta.
Voglio parlarvi in particolare del dramma di Giraudoux in quanto è probabilmente l'opera da cui Lacombe si è maggiormente ispirato per scrivere la storia e le vicende per il suo libro illustrato. Infatti anche in quest'ultimo il cavaliere Hans (sì, il nome è lo stesso) incontra Ondine a casa di una coppia di pescatori (che avevano adottato la giovane) dopo aver chiesto loro ospitalità. Lacombe aggiunge però un retroscena, cioè spiega il motivo per il quale il cavaliere era giunto nei pressi della loro capanna. Il resto della storia procede molto similmente al dramma di Giraudoux: Hans si innamora di Ondine e decide di sposarla pur essendo a conoscenza della sua vera natura; i due sposi vengono avvertiti sulle conseguenze di un tradimento da parte di Hans; Ursula, l'ex fidanzata del cavaliere (che nella tragedia di Giraudoux si chiamava però Bertha) cerca di riconquistare Hans. A questo punto i racconti si modificano leggermente, infatti nella tragedia del 1939 il Re del lago, dopo aver sentito Bertha prendersi gioco della diversità di Ondine, svela che Bertha è in realtà figlia dei due pescatori che avevano cresciuto l'ondina, la ragazza rinnega i suoi veri genitori, ma viene bandita da corte così, quando Ondine la invita ad andare a vivere con lei ed Hans, Bertha accetta.

    
Sopra: In queste immagini Hans ritrova Ondine dopo che questa era fuggita da casa durante una violenta tempesta e la stringe tra le braccia. Nell'illustrazione di Lacombe a sinistra si può notare come il paesaggio abbia delle tinte molto cupe, in contrasto col colore rosso acceso dei capelli della giovane e con gli elementi chiari come i biondi capelli di Hans e le creste bianche delle onde. L'immagine a destra, del 1909, è invece opera del famoso artista inglese Arthur Rackham, il quale contrappone il colore scuro dei tronchi a quelli chiari e delicati utilizzati per le acque e per i protagonisti.

Nella versione di Lacombe è invece la stessa Ondine a rivelare a Ursula le sue origini, credendo ingenuamente di farla felice, ma Ursula non prende bene la notizia e inizia a sparlare della creatura, tuttavia, una volta appurato che quest'ultima dice la verità, Ursula viene riconsegnata ai suoi veri genitori. La ragazza, quando incontra nuovamente Ondine, fa finta di chiederle perdono e accetta di venire a vivere con lei ed Hans solo per cercare di sedurre quest'ultimo e per allontanarlo dalla sposa. Alla fine il suo piano funziona e, dopo la scomparsa della rivale (ritornata tra le sue simili dopo che il marito l'aveva cacciata), Ursula riesce a sostituirsi piano piano all'ondina fino ad arrivare a convolare a nozze con Hans. Prima che giunga la notte però, l'antagonista fa rimuovere una pietra, posta su un pozzo in precedenza da Ondine, che impediva alle acque controllate dalle ondine di riversarsi sul palazzo. Così il castello viene inghiottito dai flutti e Hans morirà dopo aver ricevuto l'ultimo bacio dalla sua ex sposa.

Sopra: Dopo la scomparsa di Ondine, causata dal fatto che il marito l'aveva rinnegata perché spaventato dalla sua natura, Ursula cerca di sedurre Hans e di fargli dimenticare la consorte, sostituendosi lentamente a quest'ultima. Questa illustrazione, con Ursula appoggiata alle spalle del cavaliere, il quale ha l'aria depressa a causa della scomparsa della moglie, rende molto bene l'idea del tentativo della donna di circuire l'uomo e di legarlo a sé.

Nella tragedia di Giraudoux, invece, il terzo e ultimo atto si apre direttamente col matrimonio di Hans e Bertha, mentre Ondine è sparita da mesi. Quando questa viene trovata e arrestata il Re del lago fa confessare alla creatura sovrannaturale il vero motivo della sua scomparsa: ella aveva fatto finta di aver tradito per prima Hans, visto il riavvicinamento di quest'ultimo con Bertha, in modo che il marito avesse salva la vita. Il cavaliere quindi morirà e Ondine verrà richiama nel suo regno, dimenticandosi dello sposo.
Interessante notare che i finali di entrambe le versioni sono praticamente uguali, infatti, nella tragedia di Giraudoux Ondine, ritornata nel suo regno, quando vede il corpo del suo amato, del quel però non ha più memoria, esclama: "<<Che peccato! Avrei potuto amarlo! >>". Nella versione di Lacombe, quando la corrente porta a riva il corpo del cavaliere, la ninfa, guardandolo, sospira: "<<Oh! Com'è bello! Che peccato, quanto l'avrei amato! >>"
Una somiglianza che ho notato invece con la versione di Friedrich de la Motte (il quale si era probabilmente ispirato alla descrizione delle ondine di Paracelso), riguarda il fatto che anche la protagonista del racconto di Lacombe si sposa con un umano per poter ottenere un'anima immortale. Dopo le nozze Ondine racconta infatti ad Hans: "<<… Sono nata senza coscienza e senza rimorsi. Da sempre, dacché io ricordi, desidero avere un'anima. Ora, un'antica leggenda dice che se una creatura delle acque riesce a far innamorare un uomo, in cambio riceve un'anima umana. E' il mio popolo, capisci, ad averti messo sulla mia strada. >>"

Per quanto riguarda la parte grafica bisogna dire che questo libro presenta un'interessante particolarità che era già stata utilizzata da Lacombe anche nella sua opere precedente "L'erbario delle fate": l'utilizzo di fogli trasparenti o semi-trasparenti. Questi vengono infatti sfruttati per ottenere particolari effetti di profondità  e per dare al lettore maggiormente l'idea dell'acqua. Infatti, ad esempio, quando Ondine riemerge dalle acque del pozzo per portare a termine la sua vendetta uccidendo Hans e facendo sommergere il suo castello, prima della pagina con la sua figura è stato applicato un foglio opaco con sopra disegnate delle onde che sembrano avvolgere la sagoma sottostante della ragazza, la quale si confonde alla vista del lettore, che dovrà voltare pagina per riuscire a vederla chiaramente.

Sopra: Tramite l'applicazione di un foglio semi-trasparente con sopra disegnate delle onde, si dà al lettore l'impressione che la figura sottostante sia alquanto distante dall'osservatore e avvolta dalle acque. In questo caso anche la sagoma della fanciulla è stata disegnata un un foglio opaco, dando al lettore una maggiore idea della profondità dell'immagine.

Le illustrazioni di Lacombe, dallo stile post-surrealista e con tonalità prerafaelite, sono sempre molto belle: coinvolgenti, curate, eleganti, capaci di trasportare il lettore in luoghi onirici, evanescenti e incantati. Bella anche la scelta delle tinte (come sempre) che l'artista ha voluto utilizzare, infatti in molte immagini è stato sfruttato il contrasto tra l'ambiente circostante, caratterizzato solitamente dai colori scuri, e i lunghi capelli rosso fuoco della protagonista. In altre illustrazioni, invece, a risaltare in mezzo agli sfondi scuri sono alcuni elementi chiari, solitamente dei punti luce.

Sopra: In questa immagine si può notare il contrasto tra l'ambiente circostante molto scuro, e i lunghi capelli rossi della fanciulla, anche il suo volto e le mani assumono delle sfumature rossastre.

Sopra: In questa illustrazione, dalle tinte molto scure e cupe, risaltano alcuni elementi chiari come le creste spumeggianti delle onde, il corpo del cavaliere e i relativi punti luce dell'acqua e dei corpi di Hans e di Ondine.

La leggenda di Ondine presenta tratti in comune con la famosa fiaba della Sirenetta di Andersen, la quale si innamora anch'ella  di un umano col desiderio di ottenere un'anima per accedere al Paradiso. Tuttavia, a differenza di quest'ultima, Ondine riesce a sposare il proprio amato ed infine dovrà pure ucciderlo in quanto quest'ultimo ha tradito il loro amore. Quella di Ondine, sebbene all'inizio abbia molti tratti in comune con le fiabe (il cavaliere nobile, bello e puro di cuore che sposa una ragazza allevata da due vecchietti...) è una storia più adulta e  meno romantica, che mostra, in un certo senso, anche cosa accade dopo il famoso "vissero tutti felici e contenti", perché l'amore ha molte sfaccettature ed è un sentimento tanto forte quanto facile da incrinare. L'appartenenza a due popoli diversi, l'invidia, la vanità, la gelosia, la paura, il dubbio, sono tutti elementi che possono guastare irrimediabilmente questo complicato sentimento e questo albo ce lo dimostra, dando al lettore un finale anche amaro, sicuramente ben lontano da un lieto fine.

Questo libro illustrato è stato edito in francese col titolo di "Ondine" nel 2012 dalla Albin Michel Jeunesse ed è stato pubblicato in italiano nel 2013 dalla Rizzoli. La copertina è rigida e le pagine, non contando quelle trasparenti, sono 36, mentre in totale sarebbero circa 42. L'opera misura 31,5 cm d'altezza e 26 cm di lunghezza, il suo costo è di 18 euro

Tutti i diritti appartengono ai legittimi proprietari, non vi è alcun intento di infrangere il copyright.

lunedì 14 marzo 2016

Come allevare e accudire un drago di John Topsell e Dan Malone

In questo post vi parlerò di un libro illustrato sui draghi del 2006 intitolato: "How to raise and keep a dragon", arrivato in Italia nel 2007 col titolo: "Come allevare e accudire un drago". L'autore è John Topsell, pseudonimo di Joseph Nigg, uno studioso  di creature fantastiche e scrittore di diversi libri sul loro conto, mentre l'illustratore è Dan Malone.

Sopra: Nella copertina di "Come allevare e accudire un drago" al posto dell'occhio dell'animale è stato messo un finto rubino allo scopo di far apparire il libro più bello. In realtà l'immagine di questo drago non rispecchia molto lo stile che l'artista utilizza per rappresentare queste creature all'interno del libro.

Questo non è semplicemente un libro illustrato che parla di draghi, ma si presenta al lettore come un manuale per allevare "realmente" queste bestie fantastiche. L'idea riprende quella sviluppata già anche da altri volumi come "A pratical guide to dragons" sempre del 2006 (arrivato qui da noi nel 2007 col titolo: "Guida pratica ai draghi"), oppure il famoso manuale di "Dragonology: the complete book of dragons" del 2003 (in italiano "Dragologia. Il libro completo dei draghi" del 2004).
Come in questi ultimi albi che ho citato, anche questo riporta e spiega le caratteristiche delle varie specie di draghi, con una sostanziale differenza, cioè che in questo caso queste bestie fantastiche vengono considerate come dei veri e propri animali da compagnia (magari per padroni molto facoltosi), tanto che all'inizio, nella prima parte, questo volume riporta al lettore i motivi per cui si dovrebbero allevare queste creature, con i rischi connessi, le responsabilità e perfino un test sulle motivazioni.
Nella terza parte saranno infatti presenti tutta una serie di consigli su come scegliere il drago giusto, quale nome dargli, l'habitat in cui farlo vivere e che il suo padrone dovrà costruirgli, le attrezzature e gli accessori di cui necessita (prodotti per la pulizia, giocattoli, medicine, accessori per cavalcarlo ecc...), come curarne la salute e l'igiene, come e con quali cibi nutrirlo.

Sopra: Ecco tutta una serie di habitat costruiti appositamente per queste bestie fantastiche, in questo caso delle miniature. Tra le razze sopra rappresentate si possono vedere un Dragone, un Drago Occidentale standard, un Drago Marino, un Verme (o Worm), un Tarasco e un Piasa.

Naturalmente non poteva mancare un'associazione, in questo caso il "Club Mondiale dei Draghi", il quale, a differenza della società presente in "Dragologia", che aveva il compito di far rimanere segreta la razza dei draghi per proteggerla e per preservarla dall'estinzione, in questo caso tale club: "… é dedito all'allevamento e al benessere dei Draghi purosangue. E' il più vecchio e completo registro di Draghi di ogni razza e tiene elenchi utili ai padroni di draghi di tutto il mondo". Già, perché in questo volume queste creature fantastiche, come degli animali domestici, sono vere e proprie bestie da esibizione, da addestrare e da far partecipare a concorsi ed esposizioni in cui vengono valutate la conformazione, l'obbedienza e l'agilità.

Sopra: L'ultima fase di un concorso per draghi, in cui viene scelto il migliore dell'esposizione. Al centro, su un palco, è stata posta la giuria, il presentatore e il trofeo, mentre tutt'intorno le varie razze (in questo caso un Drago Occidentale standard, un Dragone, un Drago d'India, un Tarasco, un Mushussu, un Drago Asiatico, un Piasa e un Verme) vengono fatte sfilare.

La seconda parte del libro è quella più interessante, infatti in essa vengono riportate tutte le varie razze, le quali sono state prese da leggende e miti di tutto il mondo, cosa fatta anche in "Dragologia", anche se in maniera diversa e a tratti meno completa rispetto a questo volume. Troveremo infatti il Drago Asiatico, la Coccatrice (creatura con corpo squamoso, testa e zampe di galletto), il Dragone (un enorme serpente dalla lingua triforcuta), il Drago di Giaffa (mostro marino dal corpo simile a quello di una balena crestata e con una lunga coda), il Drago Multiteste (o Idra), il Piasa (creatura con volto umano, corna di cervo, corpo squamoso e una lunga coda), il Verme (o Worm),  il Drago Marino, il Tarasco (bestia con testa di leone, zampe d'orso,  coda di serpente e guscio corazzato coperto di spuntoni),  il Drago Occidentale standard, e altri ancora.
Per ogni specie di draghi è presente un introduzione, una descrizione fisica e una storica, il carattere e le cure speciali di cui necessitano. Vengono inoltre mostrati una mappa con il luogo di provenienza, l'uovo, la pelle, l'altezza e le dimensioni della bestia (le quali possono essere anche alquanto imprecise e approssimative come: "... può assumere le dimensioni di un baco da seta o arrivare addirittura fino al cielo", oppure "... da 2 a 100 volte quelle di un uomo"; oppure sono riportate utilizzando esempi non sempre molto chiari o facili da decodificare, del tipo: "... 3 volte la lunghezza di un elefante adulto", "... più grande di una nave con 50 rematori" o "... riempie una casetta".)

Sopra: Nella pagina in cui viene descritto il Drago Occidentale, come si può vedere, al centro è stata posta l'immagine del drago, sulla destra c'è la medesima immagine in cui vengono riportate le caratteristiche fisiche, mentre in basso sono presenti un'altra serie di informazioni, sempre accompagnate da illustrazioni, quali il luogo di provenienza, l'uovo, la pelle e le dimensioni.
 
Per quanto riguarda le illustrazioni, realizzate da Dan Malone, posso dire che riprendono fedelmente le caratteristiche fisiche dei draghi e quelle degli ambienti o degli attrezzi riportati nel volume, per cui i testi e i disegni sono molto legati tra loro in quest'opera. 
Oltre ai draghi, infatti, sono stati rappresentati anche moltissimi altri elementi come gli habitat, i linguaggi del corpo, gli attrezzi per cavalcare, la pulizia ecc… Trovo le illustrazioni abbastanza carine, sicuramente dotate di un proprio stile, o perlomeno accettabili, anche se non proprio eccezionali, specialmente per quanto riguarda i volti (che tendono spesso ad assomigliarsi) di alcuni draghi.

Sopra: In questa pagina viene rappresentato l'inizio dell'addestramento di un draghetto, che presenta alcuni fasi praticamente uguali a quelle utilizzate anche quando si addestrano i cani, del tipo come camminare al guinzaglio e obbedire ai comandi : "Vieni", "Fianco", "Seduto".

Quest'opera, specialmente per gli appassionati di draghi, è alquanto interessante in quanto, pur riproponendo un'idea già vista, lo fa ponendo in luce un aspetto che non era stato ancora esplorato, per quanto possa apparire un po' bizzarro. Insomma, un manuale che parla di draghi trattandoli come fossero dei cani, o tutt'al più dei cavalli, pare alquanto strano, e forse anche un pelo comico, per quanto innovativo; specialmente considerando il fatto che per quasi ogni specie esiste una versione più piccola, la miniatura appunto, per chi non è abbastanza facoltoso da potersi permettere un drago a grandezza naturale. Oltre a questo, quando dico che vengono trattati come se fossero dei cani non sto esagerando in quanto: si comprano scegliendo la razza, si addestrano, si dà loro un'educazione domestica, si danno loro da mangiare cibi e crocchette apposite (delle quali nel libro vengono riportate rispettivamente le ricette e  l'etichetta con gli ingredienti), si toelettano, si portano a passeggio (sul serio, c'è proprio scritto così), si fanno partecipare a concorsi, esistono perfino dei fornitori dai quali comprarli e anche una rivista ("Tutto Drago") a loro dedicata.
Per questo motivo la parte migliore è quella che tratta le razze, riprendendole da figure di draghi mitologici e leggendari, proponendone alcune anche abbastanza sconosciute, e fornendo molti particolari fisici, storici, riguardo al luogo di provenienza, ai tipi di uova ecc...
Un elemento interessante riguarda il fatto che il nome Drake (lo stesso dell'autore di "Dragologia") è presente anche in questo libro, in veste di "leader mondiale nei sistemi di incubazione per draghi" in quanto primo, e unico, produttore di incubatrici elettriche studiate appositamente per queste bestie. Un riferimento casuale?

"How to raise and keep a dragon" è stato pubblicato nel 2006 in inglese dalla Quarto Publishing, mentre in Italia è stato edito da Il Castello nel 2007. Il libro ha 128 pagine e misura 25,3 cm d'altezza e 19,5 cm di lunghezza; ha la copertina rigida e le pagine opache, l'edizione italiana costa 12,90 euro.
Di recente (a ottobre del 2015) è stata fatta una nuova ristampa di questo manuale, con una nuova copertina e con l'aggiunta di un poster.

Tutti i diritti appartengono ai legittimi proprietari, non vi è alcun intento di infrangere il copyright

lunedì 7 marzo 2016

Biancaneve di Mayalen Goust

A distanza di un po' di tempo vi ripresento un'altra versione illustrata della fiaba di Biancaneve: "Biancaneve" di Mayalen Goust, un'artista francese nata nel 1979 e che attualmente vive in Gran Bretagna. Quest'opera è stata pubblicata in originale in francese col titolo "Blanche-Neige" nel 2009.

Sopra: La copertina di "Biancaneve" di Mayalen Goust ci mostra, girata di lato, la testa della protagonista, in essa sono inoltre presenti alcuni elementi (il titolo, il fiore tra i capelli della bambina e le labbra di quest'ultima) ricoperti di brillantini. I colori utilizzati sono solamente 4: il nero (la tinta predominante nell'illustrazione) dei capelli e dello sfondo, il bianco, il rosa cipria e alcuni piccoli elementi rossi.

Il testo (basato sulla fiaba dei Grimm) della pubblicazione italiana è abbastanza simile all'originale, anche se ogni tanto alcune parti vengono un po' ridotte e riassunte, ma tutto sommato vengono riportate piuttosto fedelmente. Ad esempio quando Biancaneve si sveglia e racconta ai nani quello che le è accaduto, nella versione originale del 1857 riferisce: "Allora raccontò che la matrigna voleva farla uccidere, ma che il cacciatore le aveva risparmiato la vita; poi aggiunse di aver corso tutto il giorno, finché non aveva trovato la loro casetta."
Nella nuova versione hanno invece scritto semplicemente: ".... che si mise a raccontare tutte le sue sventure".
I cambiamenti che ho notato sono di lieve entità e non compromettono l'integrità della storia: ad esempio una breve variazione nella versione della Goust consiste nel fatto che la regina viene decritta come "orgogliosa e molto superba" mentre in quella dei Grimm è "arrogante e dispotica"; oppure in questa versione la regina si fa portare dal cacciatore solo il fegato della fanciulla, mentre in quella originale chiedeva anche i polmoni.

Sopra: Mayalen Goust rappresenta la matrigna di Biancaneve seduta a rimirarsi di fronte al suo grande specchio. Questa illustrazione presenta tutte tinte scure, l'unico elemento chiaro è la pelle del volto e delle spalle della regina.

Ho notato più che altro che i testi della Goust sono composti d frasi più corte in quanto queste riprendono quelle originali suddividendole ulteriormente, frammentando le varie subordinate tramite la punteggiatura per creare al loro posto più coordinate e principali, più facili da seguire per i piccoli e per i lettori poco esperti.
  • Ad esempio, nella versione dei Grimm del 1857, l'inizio è questo: "Una volta, in pieno inverno, una regina cuciva seduta davanti a una finestra dalla cornice d'ebano, mentre i fiocchi di neve scendevano dal cielo come piume. Cucendo guardava la neve; si punse il dito e tre gocce di sangue caddero su quel manto candido. E siccome il rosso del sangue sulla neve bianca era così bello, pensò fra sé: <<Vorrei avere un bambino bianco come la neve, rosso come il sangue e nero come il legno della finestra>>".
  • Nella versione della Mayalen Goust l'inizio invece è questo: "C'era una volta una regina che cuciva davanti a una finestra. Era inverno. Nevicava. La regina si punse il dito con l'ago e tre gocce di sangue caddero sulla neve. <<Oh!>> sospirò <<Come mi piacerebbe avere un bambino con la pelle bianca come la neve, le guance rosse come il sangue e i capelli neri come l'ebano di questa finestra>>".
Come si può vedere dall'esempio che  ho riportato qui sopra le varie subordinate presenti nella versione originale sono state suddivise in parti più piccole (anche composte solo da un'unica parola), inoltre il testo è stato un po' riassunto e alcuni particolari della storia sono stati leggermente modificati (come l'aggiunta delle guance rosse).
Tuttavia questi cambiamenti, come ho già detto, non mutano il senso della storia, che viene riportata nella sua integrità e piuttosto fedelmente. In questa versione viene infatti ripreso correttamente il modo in cui Biancaneve si risveglia dalla morte (ciò grazie a un servitore che inciampò su una radice) e tutti i tentativi della matrigna per eliminare la giovane, anche se, nell'ultimo, quello con la mela avvelenata, non viene specificato che il frutto è per metà bianco (la parte non avvelenata, che nella versione originale veniva morsa dalla matrigna per convincere Biancaneve a fidarsi), anche se viene riportato il fatto che la regina travestita, per convincere Biancaneve ad assaggialo, ne morde una metà.
Il finale è stato invece cambiato per renderlo meno violento, infatti in questo caso la regina giunge sì alla festa di nozze, ma muore a causa dello spavento preso quando riconosce la figliastra, e non per le scarpe di ferro arroventate che avrebbe indossato.
Anche se il finale non è quello della versione originale, è comunque un cambiamento accettabile, che mantiene buona questa versione della fiaba.

Sopra: Il matrimonio della principessa è rappresentato dall'artista con tinte chiare, come il bianco e il grigio, gli unici elementi scuri sono i capelli della fanciulla e l'abito del principe, mentre sono presenti diversi elementi rossi, come i cappelli dei nani e l'abito della protagonista. Da notare come Biancaneve, in quella che è l'ultima illustrazione del libro, venga rappresentata voltata come se guardasse il lettore, pur essendo girata di spalle come il suo sposo.

Le illustrazioni sono originali, con tratti orientali (d'altra parte anche la beltà della protagonista esprime l'ideale di bellezza tipico, soprattutto nel passato, della cultura giapponese, basti pensare alle geisha), e rispecchiano lo stile personale dell'artista, che è morbido ed etereo. La cosa che colpisce subito di questa versione illustrata di Biancaneve è la scelta dei colori, infatti le tavole si presentano spesso con tinte molto chiare, color pastello, oppure molto scure, con solo alcuni elementi più chiari (bianchi, come la carnagione o l'abito della protagonista) o più accesi (solitamente di colore rosso). Questa è una scelta piuttosto insolita per un libro di fiabe destinato a un pubblico comunque piuttosto giovane, in quanto solitamente vengono preferiti disegni con molti colori vivaci e brillanti.

Sopra: Nell'immagine in cui il cacciatore vuole uccidere Biancaneve sono presenti i colori scuri della tunica e del cappello del primo, mentre con quelli chiari (il bianco in particolare) è stata rappresentata la bambina, di piccole dimensioni mentre il cacciatore la sovrasta, e pochi altri elementi quali una parte del volto dell'uomo e il suo pugnale. Nella scena spiccano anche alcuni oggetti rossi, appartenenti per la maggior parte al cacciatore.

Un'altra cosa interessante è il fatto che la Goust abbia deciso di rappresentare Biancaneve non come una ragazza, ma come una bambina, il che corrisponderebbe alla sua reale età (7 anni), la quale viene riportata correttamente in questa versione della fiaba. L'artista l'ha rappresentata come un'adulta solamente nell'ultima tavola (quindi si può presumere che la protagonista abbia passato qualche anno dentro la bara prima di risvegliarsi), dove la vediamo a cavallo assieme al principe e pronta per sposarsi.

Sopra: Biancaneve, una volta risvegliata dalla morte, non viene più rappresentata con l'aspetto di una bambina, ma con quello di una fanciulla. In questa scena, che mostra un momento di felicità, predominano i colori chiari (il bianco e il grigio) ed alcuni elementi dalle tinte più accese (il rosso e anche l'arancione), mentre l'unico elemento scuro sono i lunghi capelli della principessa.

Questo albo illustrato è stato pubblicato in francese dalla Editions Flammarion nel 2009 col titolo "Blanche-Neige". E' arrivato in Italia nel 2011 ad opera della Gallucci editore, ha 24 pagine, misura 26 cm d'altezza e 30 cm di lunghezza e costa 13 euro.

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